Nel 1979 Charles, al ritorno dal viaggio in giro per l’Europa, non sapendo cos’altro fare, ha scritto questo resoconto che illustra la stupendamente pessima esperienza vissuta in quei posti, cazzo.
Digitando nomi di grandi autori letterari del passato, m’è apparso il famosissimo Charles Bukowsky, il genio folle o folle genio che scrisse tra i tanti romanzi Shakespeare Non L’Ha Mai Fatto.
Charles Bukowsky, anche detto Hank, nasce in Germania ad Andernach il 16 agosto del 1920 e muore a Los Angeles il 9 marzo 1994, A tre anni viene portato dalla famiglia in America, crescendo e sentendosi pienamente americano. Intorno ai cinquant’anni, dopo aver lavorato vari anni alla posta di Los Angeles, iniziò ad avere successo con i suoi scritti, racconti e poesie, denotando la sua caratteristica di alcolista incallito e di rapporto estremamente vissuto al livello sessuale, essendo pienamente nella corrente del realismo sporco.
Nel libro Shakespeare Non L’Ha Mai Fatto racconta questo viaggio che ha per prefazione una lite con l’editore Rodin, un francese che, a suo scrivere “aveva detto due biglietti e poi aveva detto un biglietto e poi ho detto , e va bene, e ho comprato il biglietto a Linda Lee e poi era sabato…”.
Ecco, Charles su carta è questo; ed il libro che ho letto ha larghe parti di questa fattura. Lui non spiega tutto, ma lascia che il lettore immagini quel che circonda le sue frasi. Uno stile molto diverso dal mio, ma che m’affascina, visto che non si lega alla punteggiatura adeguata o all’esposizione dei periodi grammaticali corretti, ma sbanda riuscendo a far capire ciò che sembra incomprensibile.
Nel libro arriva subito in Francia, dove fa diverse interviste televisive descrivendo, alle domande dei giornalisti, la propria vita, i suoi ideali ed i messaggi che vuol far passare nei suoi scritti.
Dichiara di non aver ideali di non voler mandare messaggi.
Racconta di rispondere sempre brevemente alle domande che gli vengono fatte, e del vino che chiedeva sempre prima e dopo le interviste.
Posso dirti che in questo suo scritto, anticipato da un breve riassunto di Enrico Franceschini sulla vita di Bukowski e del suo incontro del passato con l’autore, si percepisce la sua natura pigra ed il suo credere in se stesso in maniera evidente, che è però circondato dai suoi incoscienti dubbi sul perché fosse tra i più letti al mondo. Cancella spesso quel che scrive prima, con quel che scrive dopo, ma è magistrale il suo riuscire a farsi capire in maniera che si può definire rustica.
In realtà appare un po’ come un diario nel quale narra a se stesso, ma riferendosi a te lettore, quello che sta vivendo nel fare giri in Europa, soprattutto in Francia e Germania.
È in compagnia di Linda Lee, la sua compagna, ma la descrive né esteticamente né a livello di personalità. Devi immaginarla. Il rapporto tra loro? L’unica cosa che ne esce è il racconto di lui che in un’occasione sente Linda dirgli “Se andiamo là ti faccio andare anche con quelle donnacce”, e solo da questa che appare un’uscita ironica, mentre leggi puoi comprendere che fosse una coppia aperta, … o forse no?
Vedi, Bukowsky qua e là partorisce periodi di immensa bellezza, ma è come se li lanciasse nel mucchio di uno scritto fatto perché non riusciva a stare senza farne uno.
Descrive l’amore, descrive le scelte e la Francia, la Germania, e la Francia, e la Francia, e “Ricordo poco della serata, abbiamo bevuto e mangiato e bevuto e bevuto”.
Accenna anche alla vita sua, che è un’artista, e a quella degli altri che lo sono:
“L’artista sa che non appartiene all’immortalità più di quanto non è appartenuto alla vita – un lampo fugace, e questo basta: che il prossimo tenti la sorte”
Caro lettore (ho già in mente da parecchio tempo un modifica sgrammaticata che non attesti solo al maschile questi riferimenti, ma non è ancora il momento di di scriverlo), nelle due righe passate c’è una spiegazione di cos’è l’artista che ai miei occhi è efficace e illumina la sua vita.
Cos’è per me l’artista?
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