L’altro giorno ho finito di rileggere l’unico libro che abbia assaporato con leggiadria per ben due volte: Il Ritratto di Dorian Gray.
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Unico romanzo filosofico e fantastico del conosciutissimo scrittore Oscar Wilde, pubblicato in originale nel 1890 e tradotto in Italia nel 1905.
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Siamo in Inghilterra, e Lord Henry incontra il suo amico e pittore Basil. Entrambi sono affascinati dalla bellezza che scrutano e sentono in ogni ambito.
Henry viene a conoscenza della presenza di un ragazzo dal quale Basil viene ispirato in maniera notevole, e nonostante il pittore non sia d’accordo per motivi particolari, lo conosce mentre lui lo sta ritraendo in un dipinto.
Il ricco Henry si presenta con la sua facoltà illimitata di creare aforismi, e valuta il giovane Dorian Gray, come un ragazzo d’infinita bellezza, avvicinando la stessa alla purezza e al candore della sua gioventù.
Nell’elogiarlo sentitamente ma con tocchi di ironia, gli aggiunge il fatto che bisogna si diverta molto e velocemente, poiché col passare del tempo con la bellezza andrà a sfiorire anche tanto del resto, sennonché tutto.
L’abbiente diciassettenne Dorian è illuminato dalla saggezza esposta da Henry, ma ne è in contrasto l’innamorato del giovane Basil, che sente il suo modello esprimere la preghiera di rimanere esteticamente per sempre come il quadro lo illustra.
Il tempo passa…
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Non è un vanto, ma ci tengo a sottolineare ribadendo che questo è l’unico libro che abbia letto completamente per due volte.
Certo, ho riletto diverse volte capitoli o tratti anche di altri scritti, come esemplarmente Anna Frank, ma di questo dell’immenso Oscar Wilde ne sentivo il richiamo passando vicino alla libreria da diversi anni, forse da sempre.
Posso dire concretamente che il rileggerlo mi abbia catturato, rinvigorito, estasiato.
C’erano momenti in cui finivo un capitolo e lo riponevo, ma non dovevo guardarlo, poiché m’ero imposto di leggerne solo al giorno, e non sono riuscito a frenarmi terminando l’opera in sei giorni.
L’unica frazione che mi ha solo in parte appesantito, è la quasi totalità dell’undicesimo, ove Dorian cresce e l’autore racconta le diverse esperienze che vivrà, tra fasti e godurie legate all’arte e alla bellezza, sempre ed invariabilmente presente tra i sua piaceri.
Il piacere…
“La sigaretta è il modello perfetto di un piacere perfetto: è squisita e ti lascia insoddisfatto. Che cosa si può volere di più?”.
A mio avviso Henry, è la rappresentazione fantastica dell’autore Wilde, e non posso che proporre la lettura a chiunque abbia interesse a ricercare il proprio Io in un libro: in questo scritto ci può essere l’Io, e si potrebbe glorificare anche il privatissimo Sè.
Wilde era un estetista, quindi una persona legata al materiale, ma lo era anche alle passioni che gli facevano vivere le tante bellezze, sicché era, è e sarà un personaggio aperto come un ventaglio che nei giorni assolati ci darà beatitudini soffiandoci i suoi versi.
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