Ammettiamolo: noi nati tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 ci vantiamo di aver avuto la ‘meglio gioventù’ per molti serissimi motivi. Senza cercare nobili citazioni volanti di video che hanno impazzato sul web che riguardano le nostre bici, il mercurio cromo sulle ferite che faceva figo, le manine elastiche delle patatine, i Tegolini del Mulino (quelli veri) e via dicendo, cercherò d’atterrare sul nostro pezzo forte come una rana(tan) sulla foglia.
Siamo quelli dei cartoni animati belli.
Ed è questo il punto che, da ex fruitore ed ex accanito sostenitore, mi trovo tristemente ad obiettare.
Signori, ciò che ostentiamo è falso!
Avete mai provato a guardare uno dei nostri ani-amati cartoni in tempi recenti?
Partiamo dal mio adorato Lupin: trama disconnessa in ogni episodio, trovate geniali del nostro eroe scontate come il finale di Willy il coyote, sparatorie impossibili come i tiri di Holly e un livello di coinvolgimento che rasenta quello di una partita di calcio ungherese sulla quale non abbiamo scommesso!
Yattaman che “vince in ogni guerra”… e l’episodio poteva terminare alla sigla.
Daitarn 3 (perchè 3?) che ci metteva una puntata a ricordarsi che aveva l’Attacco Solare tra le armi, rendendolo imbattibile. Forse era una mossa delle lobbie anti-ecologiste che avevano costretto Banjo a firmare un contratto nel quale dichiarava che l’energia solare era l’ultima risorsa da usare?
Calendarman, la serie sfigata che ha segnato la fine di attori resi noti nel già citato Yatta e che proponeva scenari improbabili (piazza dei Miracoli a Pisa è una foresta?).
Pollon, dall’ormai celebre frase “Sembra talco ma non è, serve a darti l’allegria!”, che chiamava la Dea delle Dee come Mork chiamava Orson, solo che lui non aveva il talco. Forse era un alcolista.
Chobin che…dai, non resisti eh… “boing, boing, boing”.
Perché alla fine è questo a rendere queste opere di basso livello pietre miliari della nostra storia televisiva e non.
I vari Death Note, Neon Genesis Evangelion o Cowboy Bepop (so che per alcuni sto parlando turco) avranno trame e disegni mistici, intuizioni artistiche e collegamenti al Tutto, ma non hanno le Sigle che ci hanno accompagnato durante l’infanzia e che ci fanno cantare nei dopo cena intorno a un falò al posto di Baglioni.
Perché in un mondo che ha smesso di guardare al futuro in maniera ottimistica, invaso da politici meganoidi che cercano di cambiare la storia a loro comodo come Predatori del Tempo, rubandoci la speranza e divertendosi con le Margot/Fujico di turno in festini Olimpo-nici (Pollon non l’ho nominata eh), è meglio rifugiarsi nel ricordo passato di quando tutto era un gioco innocente. E allora mi torna in mente Conan, che ci parla dell’amore per Lana e per la terra. Perché è nei bambini che dobbiamo cercare le risposte, soprattutto nel nostro di bambino, quello emozionale che abbiamo smesso di ascoltare tanto tempo fa. Oggi ascoltiamo i personaggi dei reality ed io sinceramente preferirei cantare hip-urrà per Magà.
“Dai Conan, questo mondo si può salvare!”.
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