Questa quarantena prosegue, non facciamo altro che pensare sia meglio vivere giorno per giorno, ed uno dei libri che ho terminato da poco, ti fa tornare a un passato e riscoprirne il Giro Di Vento.
Giro Di Vento è un libro scritto da Andrea De Carlo, nato a Milano nel 1952, pubblicato da Bompiani serie Libri Oro nel 2004; l’autore è anche pittore, musicista e fotografo. Conosciuto dagli appassionati di letteratura oltre che per i suoi scritti di successo, anche per aver fatto parte della giuria del Premio Strega, da dove si è dimesso nel 2009 denunciando le manipolazioni delle premiazioni per mano degli grandi editori.
L’agente immobiliare Alessio Cingaro, legatissimo all’economia, passa a prendere con una monovolume quattro amici da tanti anni, benestanti, per proporgli l’acquisto di abitazioni lontano da Milano, ma nel rigoglioso verde dell’Umbria.
Si dirige all’incontro con l’architetto Enrico Guardi, lui è in compagnia della moglie Luisa, che lavora per una casa editrice. Enrico è un tipo molto attento alla formalità delle questioni, ed il ritardo dell’amica Margherita Novelli, conduttrice di un programma televisivo della Rai, lo infastidisce, ed in effetti la accoglie con un rimprovero, ma mascherandolo con un sorriso. Arturo, un commerciante che produce arredi e gestisce diversi suoi negozi, è l’altro amico che è sul sedile posteriore della vettura, e si sente litigare con la ex moglie al telefono.
I quattro sono abituati a vivere travi lussi delle loro eccellenze, e nonostante ci sia un grande affetto tra loro, nell’auto iniziano a punzecchiarsi ironicamente, e Margherita fa presente che forse sarebbe stato meglio spostare questa visita per la decisione dell’acquisto in un’altra data. Per lei è importante mantenere i contatti con quelli del programma che conduce, con gli sponsor. Gli altri dicono di avere lo stesso ostacolo, ma che è da saltare per vivere poi più serenamente, poiché non si deve pensare solo al lavoro.
Quando sono in prossimità della struttura, prendono una buca che blocca il monovolume, e si trovano in una strada sterrata, all’interno di una boscaglia molto lontana dalle abitazioni; inoltre i loro telefoni non prendono, non hanno rete, quindi non possono comunicare con nessuno. Si trovano soli e decidono di risolvere camminando per quei chilometri che li ricongiungono al paese più vicino.
Stiamo vivendo uno di quei periodi che restano nella storia, ma ve ne sono altri che ne costituiscono le basi, un passato lontano, puro, ma non vengono decantati.
Leggendo questo libro, all’inizio ero un pizzico frenato, come accade spesso nelle prime pagine, quando ancora devi strutturarne il tema. La scrittura del Di Carlo già mi piaceva, scorrevole ed introspettiva, ma i personaggi mi sembravano tanti.
Superato lo scoglio del loro incontro su quel monovolume che ti ho accennato prima, quando raggiungono quel posto lontano dal nostro mondo costruito, ho trovato chi vuole vivere solo di quel che ti procura la natura, coloro che pur essendo il terreno dove il seme fa crescere l’albero, noi valutiamo anormali poiché i palazzi crescono meglio sull’asfalto.
Leggendolo scoprirai tutto ciò che non ti si presenta alla mente nell’essere rustico, spigliato e breve nelle risposte o affermazioni, senza dover costruire castelli verbali nei quali devi spiegare il funzionamento dell’aria condizionata, della lavastoviglie che lava le tazzine di caffè che la macchinetta elettrica prepara o il dove sia la spina per il caricabatterie del tuo telefono, intuendo o comprendendo che quelle cose e le altre, possono essere effettuate senza inquinare quell’aria che serve agli esseri viventi, e che per comunicare bastano gli sguardi.
Scoprire questo genere di romanzo che ti porta in alto senza pendere l’ascensore, e proprio durante questo periodo che genera l’esaltazione delle comunicazioni ridotte per quasi tutti a messaggi in un modo o nell’altro collegati al web, può farti tornare in comunione con te stesso, elevato anche se in pianura.
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