Billy

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Il cane era impuntato sul fare. Il suo nome, detto tra me e te perché lei non sapeva d’averlo, era Billy. Lui era ignorante del suo appellativo, perché non lo aveva chiamato mai nessuno, quindi lo stiamo battezzando nel suo futuro io e te.
Billy era sempre alla ricerca del mangiare, continuamente all’analisi della vita, in estenuante indagine dei sentimenti.
E li cercava col fare.
Correva di qua, correva di là, saltava su un marciapiede, scendeva dalla scala base di un monumento, abbaiava ai gatti, chinava il muso agli uomini e scappava guaendo.
Rispettava i potenti e ringhiava ai deboli.
Arrivò un giorno in cui Billy incontrò una cagna che aveva voglia di giocare con con lui, e lui non abbaiò né guaì, ma le trotterellò tutt’intorno.
Gli piacevano le cagne, le desiderava.
Lei voleva giocare, e lo si poteva capire dagli occhi allegri con i quali esplorava le fattezze di Billy, oltre che dai repentini movimenti scattanti rimanendo al centro del cerchio che stava effettuando il nostro battezzato.
Bastardini, lui nero scuro, lei bianco sporco, piccoli, lievemente più grandi di un gatto.
Billy aveva vissuto tutti i suoi tre anni in città, lei veniva dai suoi due anni nella campagna, e aveva seguito il suo branco.
Primo giorno in città, primo incontro con lui.
Lui voleva possederla, perché nel suo branco funzionava così, lei voleva giocare, divertirsi, mostrare ogni qualvolta fosse possibile quegli occhi gaudi, perché nel suo io funzionava così.
Billy provò a montarla, e lei scappò allontanandosi di un paio di metri, poi voltandosi e guardandolo nuovamente allegra.
Billy provò nuovamente a montarla con sguardo caparbio, e lei s’allontanò ancora quel paio di metri, guardandolo poi con modalità più seriosa.
Billy guaì osservandola, e lei cominciò a correre allontanandosi; scappava.
Billy la rincorse a più non posso, ma non la raggiungeva. Lei era veloce.
Corsero tanto, e Billy vide un verde che non aveva mai visto intorno al suo obbiettivo. Si stavano allontanando dalla città.
Arrivarono in un punto nel quale non c’erano palazzi, e rallentarono entrambi.
Per lei erano arrivati, per Billy lei che rallentava era un messaggio, e voleva studiarlo.
Lei iniziò a circondarlo trotterellando, lui la guardava dubbioso.
Lentamente gli si avvicinò, e lui sentì un timore recondito; si chiedeva il perché di questo sentimento addomesticato, e mostrava un muso curioso a lei, che iniziò ad accarezzagli quell’espressione discreta con il suo distensivo.
A lui piacque, e fece lo stesso con il proprio muso sul suo.
Lui sentì qualcosa di particolare, e rimase silenzioso, guardando a scatti l’albero e il verde che li circondavano.
Iniziarono a giocare, iniziarono a saltare, iniziarono a rincorrersi in perimetri di un metro, all’arrivo gettandosi l’uno sull’altra o l’altra su l’uno.
Corsero veloci con occhi raggianti, ed incontrarono l’asfalto.
perirono per attraversare la strada e lei era davanti mentre lui la ricorreva simpaticamente.
Lui vide una macchina, e si fermò. Lei non la vide e non riuscì non poté arrivare sino all’altro lato della strada.
La macchina non si fermò, lui invece rimase immobile per tanti minuti a vedere la cagna che fu, poi alzò il muso e vide in lontananza i palazzi, e si voltò vedendo il verde e gli alberi.
si diresse verso il verde e non tornò più in città, quel cane che non aveva un nome e non più ce l’ha. Quel cane che era e non sarà, un cane che cerca perché ignora poiché del tutto sa
Ha vissuto le emozioni basilari, e ora vive con serenità.

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