Nel mezzo del cammin della serata, ho voluto dare il via alla visione del film che lanciò la Bit Generation ed uno degli attori per i quali ho più ammirazione: Jack Nicholson, che di lì ha intrapreso un Easy Rider.
Easy Rider è un film del 1969 della durata di 94 minuti, genere drammatico visibile su Netflix, con soggetto, sceneggiatura e produzione di Peter Fonda, regia di Dennis Hopper, e loro hanno voluto essere anche i protagonisti di questo cult, il primo Wyatt e il secondo Billy, e nel quale riceve la prima nomination all’Oscar, in questo caso come non protagonista, Jack Nicholson (George). Il film ha avuto anche la nomination per la miglior sceneggiatura.
Nell’American Film Institute è all’88esimo posto tra i migliori cento film statunitensi.
Siamo tra i deserti del Messico, e Wyatt con Billy hanno finito il trasporto di cocaina, e ne investono il guadagno nell’acquisto di motociclette per arrivare al carnevale di New Orleans.
Durante il primo tratto di strada, incontrano un hippy al quale danno un passaggio, ed una volta raggiunto il raduno al quale voleva arrivare il ragazzo, egli stesso li invita a passare la notte in loro compagnia, cosicché ne trascorrono parte all’aperto intorno al fuoco, poi si spostano all’interno di una sorta di casolare. Stringono conoscenza con due ragazze, poi si accordano e passano la ore passionali all’interno di una sorgente calda con loro.
Ripartono il giorno dopo, ed incontrano una parata che non ne ha i permessi, e loro vi si accomunano con le moto, ma vengono fermati ed arrestati.
Una volta tra le larghe celle di questa prigione della cittadina, vedono un ragazzo che ha dei modi di comunicare dissimili dalla normalità. È George, un avvocato alcolizzato che è figlio di una persona che ha la possibilità di farlo uscire, e parlando con i due, ci stringe amicizia e decide di aiutare anche loro.
Uscendo, lui si unisce ai due ai quali non ha fatto rasare il capo per raggiungere un bordello che conosce, e durante il loro stop notturno, mentre sono intorno ad un fuoco, Wyatt e Billy gli fanno provare per la prima volta la marijuana.
I tre non sono visti bene delle cittadine che debbono passare.
Il richiamo ad uno dei sostenitori dell’arte letteraria come me, è proprio per far presente che questo tra i film che avviarono una nuova forma di comunicazione con tanti modi impatti visivi divenendo l’eccellenza dei road movie.
Tra i pochi film di Nicholson che non avevo visto, è stato questo a invitarmi a farlo, poiché fu il lancio di questo attore ai miei occhi straordinario, e lo è anche per tanti altri, dato che è tra i più premiati al mondo.
Un’altra cosa che mi ha incuriosito portandomi a vederlo, è che il soggetto è stato ispirato da Fonda dopo aver visto Il Sorpasso di Dino Risi.
È un’opera tra le prime che apre la vista agli hippie degli anni ’60, ed è stata girata con pochi dialoghi scritti sul copione, ma per lo più inventati sul momento, con diversi modi di dire americani, uno slang che tradotto non ha molti significati, ma il modo in cui viene esposto dagli attori può affascinare, anche se alcune riprese ad oggi appaiono fatte da uno smartphone. Anche questa è stata una nuova trovata: il rendere viva e realista l’immagine che si presenta agli occhi dello spettatore.
Trama non complessa, ma nella quale ci si perde con gioia.
Ci sono scene che all’epoca erano davvero impensabili, con sballo dei personaggi utilizzando anche droghe nei cimiteri, con sottofondi musicali che esaltano il rock, e tra i pezzi più accostati al film c’è Born To Be Wild.
Il rock, nascere selvaggi. La vita è una musica che accarezza, graffiando le nostre voglie di libertà.
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