Era mattina e vagavo su Amazon alla ricerca di non so cosa, poi divenni cacciatore ed inquadrai il bersaglio per farlo giungere a me dall’aria: Il cacciatore di aquiloni.
Edito in Italia dalla Edizioni Piemme nel 2004, ebbe un grande successo nel mondo divenendo bestseller, e fu scritto dal dottore naturalizzato americano ma nato in Afganistan Khaled Hosseini.
Siamo nel 2001 ed Amir racconta larghi tratti della sua vita partendo dal 1970, quando per miglior amico aveva il bambino coetaneo Hassan. Le differenze basilari erano che Amir era di etnia pashtun e Hassan hazara, e che Hassan era figlio di Alì ed entrambi lavoravano per Baba, il padre di Amir.
Questo padre benestante sembra nutrire un affetto enorme per Hassan, nonostante sia solo un suo garzone, e fa pensare Amir, che s’incolpa della perdita della madre che non ha mai conosciuto poiché è morta dandolo alla luce, e si sente minorato visto che, anche se è uno studioso molto più intelligente di Hassan, gli manca l’affetto che immagina sarebbe stato immenso della mamma.
I due ragazzini crescono a Kabul, e la loro voglia più grande è il vincere l’evento del quartiere, il più importante, la caccia agli aquiloni. Loro due sono la squadra, ed il compito delle squadre è di far mantenere nell’aria l’aquilone fino alla fine del gioco abbattendo gli altri, e nel gioco non ci sono regole materiali, solo morali. Amir tiene il filo dell’aquilone che viene costruito da Hassan, che inoltre cerca di prendere gli aquiloni che fa cadere Amir, visto che nel gioco rimangono a chi li recupera.
Amir è un gran costruttore, ma non riescono mai a vincere, ed un giorno la battaglia è dura, ma dei tanti rimangono solo il loro aquilone ed un altro. Hassan è pronto perché quando cadono lui riesce spesso a prenderli, e quando Amir gli chiede come faccia a sapere dove cadranno lui risponde “Lo so ”.
Amir combatte e alla lunga riesce ad abbattere quell’ultimo aquilone, ed è felice: hanno vinto!
L’abbattuto cade lontano ed Hassan lo rincorre, Amir lo insegue per avere la felicità raddoppiata di ottenere il trofeo, ma in lontananza e nascosto vede che il suo migliore e rispettoso amico, dopo aver ottenuto l’aquilone, subisce un orribile evento.
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Nel leggere questo libro ho avuto alcune complicanze iniziali, che poi si sono attenuate con le pagine, e cioè quelle del riuscire a ricordare i nomi di questo e quello, nomi difficili perché di una nazionalità per me sconosciuta, ed è stata però questa la molla che mi ha lanciato a leggerlo. Non ho catalogato tutto, ma so diverse cose in più sulla socialità afgana.
Hosseini riesce col suo scritto a far vivere una parte dei dolori subiti da quella popolazione.
“Non avevo mai visto i talebani”…
Questa è una tra le diverse cose che non immaginavo possibili, poiché pensavo fossero radicati da tempo immemore in quella nazione.
Il coraggio, una base sulla quale costruire la propria vita in Afganistan.
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